In sintesi
- 🎬 Non ci resta che piangere
- 📺 Rete 4, ore 21.25
- 😂 Commedia cult con Massimo Troisi e Roberto Benigni in cui due amici si ritrovano catapultati nel passato, tra gag surreali, viaggi nel tempo e una satira affettuosa sull’incapacità dell’uomo moderno di comprendere la storia.
Massimo Troisi, Roberto Benigni, Non ci resta che piangere, Rete 4. Bastano quattro entità per accendere immediatamente l’immaginazione di chiunque ami il cinema italiano e la sua eredità comica. E stasera, 29 dicembre 2025, alle 21.25 su Rete 4 HD, torna uno dei capisaldi assoluti della cultura pop nazionale: un film che non è solo un cult, ma un punto cardinale del nostro immaginario collettivo.
La magia di questa commedia del 1984, diretta e interpretata da Massimo Troisi e Roberto Benigni, continua a vibrare anche dopo quarant’anni, come se l’assurdo viaggio nel tempo dei due protagonisti non avesse mai smesso di parlarci. È quel raro caso in cui una pellicola resta nella memoria non per un singolo momento, ma per un intero universo narrativo fatto di improvvisazioni geniali, umorismo surreale e trovate che hanno anticipato di decenni un certo modo di fare comicità.
Non ci resta che piangere su Rete 4: perché rivederlo stasera
Non ci resta che piangere è un film che funziona su più livelli. Il primo, quello più immediato, è la comicità irresistibile: Saverio e Mario che si svegliano nel “1492 quasi 1500”, l’incontro con un Leonardo da Vinci spaesato da invenzioni spiegate con disarmante leggerezza, il pretore che profetizza la morte a Mario, e naturalmente la lettera a Savonarola, un pezzo di storia della comicità improvvisata italiana.
Ma ad ogni nuova visione emergono dettagli che fanno brillare gli occhi dei fan più nerd di cinema. Il modo in cui Troisi e Benigni reinventano la storia, per esempio, non è mai davvero parodico: è una satira affettuosa sull’incapacità dell’uomo moderno di capire il passato senza sovrapporgli ossessioni contemporanee. Saverio vuole fermare Colombo perché teme che la scoperta dell’America provochi la “dittatura culturale” globale che conosciamo oggi. È geniale, perché riduce una questione storica complessa a un’inquietudine quotidiana, quasi domestica.
Il film gioca con l’anacronismo prima che fosse mainstream, molto prima di meme, social o riletture pop della storia. E lo fa con quella leggerezza piena di poesia tipica della comicità anni ’80 che, pur figlia del suo tempo, ha avuto un impatto duraturo e difficilmente replicabile.
Momenti iconici e retroscena di Massimo Troisi e Roberto Benigni
Chi ama il dietro le quinte troverà in questo film un tesoro inesauribile. Troisi e Benigni arrivarono alla sceneggiatura dopo un periodo di “ritiro creativo” prima a Cortina, poi in Val d’Orcia: ne uscirono solo due idee, ma bastarono a costruire un film monumentale. E una parte consistente delle gag fu improvvisata sul set, come la scena celeberrima della dogana: venne girata e rigirata perché i due non riuscivano a smettere di ridere. Proprio quella spontaneità, trattenuta a fatica, è diventata la firma del film.
C’è poi quella locomotiva finale, quasi un oggetto magico, uno degli ultimi tre esemplari funzionanti del Gruppo 400 delle Ferrovie Calabro Lucane: un elemento che contribuisce a quell’atmosfera sospesa, a metà tra sogno, fiaba e cinema d’autore.
- La ricostruzione del Medioevo toscano mescola realismo e invenzione, giocando più sull’immaginario che sulla cronaca storica.
- Amanda Sandrelli, Carlo Monni e Paolo Bonacelli (nel ruolo di Leonardo) arricchiscono il film con interpretazioni perfettamente sintonizzate sul tono surreale della storia.
È interessante notare come molti segmenti girati – tra cui le scene con Savonarola interpretato da Marco Messeri – siano stati tagliati in montaggio a causa della durata eccessiva del materiale. Un peccato per i completisti, ma una scelta che ha reso il film più agile, pur mantenendo quella struttura volutamente episodica che è diventata uno dei suoi punti di forza.
Un impatto culturale che attraversa le generazioni
Non ci resta che piangere fu un trionfo commerciale nel 1984, incassando 15 miliardi di lire e diventando il campione della stagione. Ma i numeri non spiegano la sua longevità. A farlo è il modo in cui continua a essere citato, amato, tramandato. Ogni passaggio TV diventa un piccolo evento, ogni gag è ancora riconoscibile anche a chi non ha vissuto l’epoca d’oro di Troisi e Benigni.
Il film ha un lascito particolare: è l’opera che ha fissato per sempre l’alchimia irripetibile tra i due artisti, l’unico lavoro cinematografico in cui hanno condiviso regia e protagonismo. È un manifesto della loro comicità, un punto di equilibrio fra l’umanità malinconica di Troisi e l’irruenza poetica di Benigni. Vederli insieme sullo schermo oggi ha un valore quasi commovente, oltre che irresistibilmente divertente.
Se questa sera hai voglia di un viaggio nel tempo che mescola assurdo, tenerezza, un pizzico di filosofia spicciola e due giganti della nostra cultura in stato di grazia, Rete 4 offre la scelta migliore possibile. Perché certe storie, anche dopo decenni, non smettono di regalarci qualcosa di nuovo. E perché, in fondo, non ci resta che… rivederlo.
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